Coronavirus e turismo, è il momento di rassicurare

Un comparto oggi azzerato ma che può prepararsi a ripartire, soprattutto nel Piceno

L’emergenza COVID-19 ha colpito trasversalmente tutti i settori commerciali dell’intero mondo occidentale, incidendo profondamente nelle strutture economiche delle società industrializzate, seppure con intensità e modalità diverse da paese a paese. Tra tutti i comparti feriti quelli più compromessi appaiono essere, in questa fase, quelli legati al turismo, che hanno già vissuto un blocco totale di oltre due mesi e un inesorabile azzeramento della domanda. Se altri settori hanno potuto reagire almeno parzialmente, rimodulando la propria struttura operativa (si pensi alla ristorazione, che ha visto un boom del delivery) questo non ha riguardato, e non poteva riguardare, il turismo leisure.

Anche i colossi internazionali del settore sono in ginocchio. AirBnb ha annunciato il licenziamento di 1900 unità (il 25% del proprio personale). La stessa percentuale di lavoratori già tagliata da Tripadvisor, per oltre 900 unità. Il punto è che non è realistico pensare a una ripresa globale a pieno regime in tempi brevi, e dunque l’attuale emergenza sembra non essere un elemento meramente transitorio, quanto un fattore che imporrà una ristrutturazione dell’offerta. Tanto più che le normative di distanziamento sociale che tutti i paesi stanno adottando rendono impraticabile una parte significativa delle attività turistiche precedentemente proposte: basti pensare a tutti gli eventi di massa che sono già stati cancellati e continueranno a essere annullati nei prossimi mesi. Per avere un’idea efficace di questa trasformazione basta vedere la performance delle query di ricerca hotel per Roma e Milano monitorate da Google Trends, che racconta un sostanziale azzeramento della domanda. Il grafico si riferisce agli ultimi 3 anni.

La situazione del balneare

Per il territorio Piceno e Marchigiano in generale il focus va necessariamente incentrato sul cluster legato al balneare, che rappresenta una netta prevalenza nella capacità ricettiva, nei flussi turistici e nel PIL generato. La sua compressione, ormai certa per la stagione 2020 e tutta da valutare per il futuro, è sì legata alla contingenza temporale ma anche alla natura dei servizi offerti che, in quasi tutte le località, sono da decenni fortemente massificati. L’emergenza sta spingendo gli operatori ad adottare nuovi protocolli di sanificazione, di gestione delle attività ordinarie, di formulazione del prodotto. Lo stesso soggiorno in spiaggia dovrà avvenire con modalità nuove; niente più “formicai”, ombrelloni distanti poco più di due metri tra loro, ma aree triplicate e accessi scaglionati; niente più campi di gioco collettivo, attrezzature sportive per gruppi, parchi gioco per i bambini, oltre alla contrazione dei posti a sedere interni ai locali dedicati alla ristorazione, con conseguenti necessità di turnazione o distribuzione in nuovi spazi. In corso di ridefinizione anche le modalità d’apertura di servizi diventati ormai parte integrante dell’offerta turistica estiva, come la piscina, i solarium, le palestre, le SPA; attività che necessariamente dovranno essere gestite con regole e procedure nuove.

Comunicare il prodotto turistico al tempo della pandemia

Di fronte a una situazione così indefinita, e dipendente da numerose variabili, gli operatori si chiedono quale sia il tipo di comunicazione più adatta. Sul tema si è sviluppato un ampio dibattito in rete tra consulenti, comunicatori, albergatori. Un dato su cui tutti concordano è l’importanza di non interrompere la strada del content marketing o, se necessario, intraprenderla. Anche in questa “fase 2”, che si presenta più come una coda della “fase 1” che come una vera e propria ripartenza, è utile non solo ricordare al cliente l’esistenza della propria struttura ma offrire contenuti qualificanti e informazioni utili. La parte più difficile è invece affrontare l’elefante nella stanza, e cioè scegliere se parlare o no di Coronavirus nella propria comunicazione aziendale. Per alcune attività alberghiere, almeno quelle ad apertura annuale, la scelta è stata pressoché obbligata: quelle che non hanno interrotto le attività hanno dovuto illustrare i propri rinnovati protocolli di sicurezza, le altre hanno dovuto in qualche modo comunicare la scelta di chiudere. Più aperta è la situazione delle attività stagionali che, essendo già non operative, non hanno subìto interruzioni di servizio: è dunque necessario toccare l’argomento “pandemia”, ben sapendo che questo risveglia di per sé inquietudini che si vorrebbe evitare di trasmettere nella fase di scelta e prenotazione della vacanza, o è invece opportuno evitare di affrontarlo? La maggioranza delle attività ha preferito comunicare l’emergenza solo tramite i propri canali social o la propria newsletter DEM, affidandosi a contenuti emozionali, e ha evitato di richiamare il COVID-19 sul proprio sito web che resta dedicato all’offerta turistica e alla possibilità di prenotazione.

Uscire dall’angolo si può

Non sappiamo, come tutti, cosa potrà riservare il futuro. Neppure i virologi sembrano minimamente in grado di prevedere l’andamento dell’epidemia e dunque le incognite che pesano sul futuro sono ancora molte; ma forse, in questa situazione, ha senso improntare la propria comunicazione su un ragionevole ottimismo, e puntare su una progressiva normalizzazione anche del mercato turistico. La ragione è intuibile: qualora questa effettivamente si realizzasse arriveremo al pieno della stagione balneare preparati, con una messaggio qualificante ed efficace; se invece le condizioni tornassero a peggiorare, e quindi obbligassero a rivedere la propria proposta, saremmo di fronte a un’eventualità calamitosa che non è certamente imputabile alla singola struttura o al singolo sistema turistico, e di fronte alla quale nessuna risposta individuale reggerebbe. Si tratta, insomma, di una scommessa che può solo portare benefici e non certo danni. Alla difficoltà del momento si aggiunge però la negativa campagna subìta dalla Regione Marche, che nei media nazionali è stata presentata come un territorio interamente flagellato dal Coronavirus.  Una rappresentazione completamente alterata rispetto ai dati epidemiologici reali.

La situazione locale, infatti, offre qualche spunto incoraggiante. Il Piceno è una provincia sostanzialmente risparmiata dalle manifestazioni peggiori dell’epidemia, quella che nel centro/nord ha avuto meno problemi. Il dato è certificato addirittura dall’Istat che, nel suo report sulla mortalità dei primi 3 mesi del 2019, ha attestato come nel nostro territorio questa sia stata addirittura più bassa della media dei 5 anni precedenti, non solo su base trimestrale ma anche considerando il solo mese di Marzo, il più duro; un dato in controtendenza rispetto a tutte le altre province marchigiane che in misura diversa hanno pagato il loro tributo (Pesaro/Urbino, mortalità su marzo +120%; Ancona, +49%; Macerata, +17%; Fermo, +23%; Ascoli Piceno, -3%). Nello stesso tempo, il Piceno ha potuto disporre su un presidio interamente dedicato al trattamento del COVID-19, maturando quindi anche una capacità di risposta più che dimensionata rispetto alla situazione attuale e alle prospettive a breve. Si tratta di dati estremamente positivi dei quali gli operatori devono essere consapevoli e che, ragionevolmente, giustificano una narrazione rassicurante, accompagnata dalle misure che garantiranno il distanziamento e la sicurezza igienico/sanitaria delle strutture.

Attenzione ai rischi

Si tratta, ovviamente, di un percorso denso di ostacoli. L’argomento “Coronavirus” resta comunque difficile da affrontare sul piano della comunicazione, dato che si presta a numerose controindicazioni: ogni messaggio deve essere valutato con estrema attenzione. E’ necessario, naturalmente evitare ogni forma di sciacallaggio a danno di altri territori; si può, invece, puntare su messaggi rassicuranti e sereni. Occorre poi fare attenzione ai target delle iniziative mirate, soprattutto sui social, per evitare di proporre comportamenti in contrasto con le normative vigenti. Più prudente, quindi, puntare su mercati di maggior prossimità, rispetto a quelli le cui prospettive di viaggio restano ancora incerte. Ma ciò che ci pare utile, al momento, è continuare a coltivare la propria comunicazione aziendale, puntando su un concreto recupero del mercato già da questa stagione.